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di Marco Pifferetti
Informazioni sulle nevi di casa e del mondo, da Albinea, Reggio
Emilia, Italy
La difficile previsione della neve sulla Pianura Padana
In montagna, le difficoltà di previsione degli eventi nevosi riguardano
soprattutto i quantitativi e la quota di trasformazione della neve in pioggia,
le vallate sopravvento ai massicci montuosi ricevono nevicate più abbondanti,
le valli strette conservano più a lungo di quelle aperte i cuscini di
aria fredda favorendo le nevicate fino a quote più basse nel caso di
aria calda e umida in arrivo.
Ben più difficile è la previsione in pianura, dove occorre che
si verifichino particolari condizioni di temperatura, è proprio nelle
aree densamente popolate, però che quando il fenomeno si manifesta crea
i maggiori disagi per i trasporti.
Le più intense nevicate avvengono con temperature prossime a 0 °C,
ciò rende particolarmente difficile la previsione; un lieve cambiamento
della temperatura, o poche decine di metri di quota in più o in meno,
possono segnare la differenza tra una tormenta di neve e una pioggia torrenziale.
La vicinanza con i rilievi può essere determinante per segnare la linea
di demarcazione tra le zone interessate dalle nevicate o dalle piogge.
Il microclima urbano delle grandi città, può determinare differenze
tra il centro e la periferia: il centro è più interessato dall'isola
di calore mentre la periferia è solitamente più fresca, per cui
con temperature "al limite" può piovere in centro e nevicare
in periferia.
Una delle maggiori difficoltà
di previsione si ha quando la temperatura al suolo davanti al fronte perturbato
avanzante, è di poco superiore allo zero; la temperatura al suolo non
è indicativa della quota dello zero termico nella libera atmosfera, sarà
perciò difficile prevedere se la precipitazione in arrivo sarà
nevosa o piovosa senza disporre delle analisi termiche in quota.
Il processo di formazione della neve fa raffreddare lo spazio sottostante la
nube tanto più rapidamente, quanto più intensa è la precipitazione,
facendo abbassare di quota lo zero termico; la precipitazione potrebbe quindi
iniziare come pioggia ad una temperatura di +3/+4 °C, ma via via che la
pioggia si intensifica ed evapora nell'aria sottostante la nube, raffredda l'aria
stessa, così che la precipitazione potrebbe raggiungere il suolo sotto
forma di neve o pioggia mista a neve con temperatura intorno +1/+2 C°, ciò
si verifica generalmente con le nevicate da fronte freddo.
Viceversa può essere presente, o sopraggiungere, in quota, uno strato
sufficientemente spesso di aria più calda tale da fondere la neve durante
la caduta, allora può piovere anche se al suolo le temperature sono prossime
allo zero o negative.
Questa situazione si può manifestare al passaggio di un fronte caldo,
su zone dove ristagna facilmente aria fredda nei bassi strati, come appunto
le zone di fondovalle e di pianura, sono le cosiddetta nevicate da "cuscinetto
freddo" o da "raddolcimento"; se lo strato freddo a contatto
col suolo è abbastanza spesso, la pioggia o la neve semisciolta possono
ricongelare dando luogo a nevischio o gragnola.
Cuscino freddo non sufficientemente spesso:
in pianura piove
Cuscino freddo più spesso, ma zero termico
molto alto: in collina piove, in pianura si ha pioggia che si congela al suolo
Cuscino freddo sufficientemente spesso: la
neve riesce a raggiungere la pianura anche se la temperatura è positiva
Altre volte si possono determinare condizioni di omotermia nella colonna d'aria,
per cui può nevicare sia sui rilievi che in pianura con temperature molto
simili.
La sola osservazione della temperatura al suolo
davanti al fronte perturbato avanzante non è quindi elemento sufficiente
per una previsione. L'aria fredda frequentemente presente sulla Pianura Padana
negli strati più bassi, spesso cela all'osservatore la presenza di aria
più calda alle quote più elevate; diventa quindi fondamentale
conoscere anche la quota dello zero termico nella libera atmosfera, la temperatura
della colonna d'aria sottostante e le variazioni previste al sopraggiungere
del fronte perturbato. Anche l'umidità gioca un ruolo importante: in
aria secca la neve si conserva più facilmente durante la discesa attraverso
starti a temperatura positiva, viceversa se l'aria è satura di umidità,
a parità di temperatura, la fusione diventa più rapida; conoscere
la temperatura di rugiada dà quindi un'indicazione previsionale aggiuntiva:
più è bassa (aria secca) e più è probabile che la
precipitazione in arrivo sia nevosa; la somma algebrica tra la temperatura al
suolo e la temperatura di rugiada è un buon indice previsionale: al di
sotto del valore 1 è più probabile la neve, al di sopra la pioggia.
Sintetizzando al massimo si può affermare quanto segue:
- nevicherà sicuramente se la temperatura al suolo è inferiore
a +2 °C e lo zero termico si trova entro i primi 300 m di quota;
- con isoterma di 0°C intorno ai 700 m, per vedere la neve occorrerà
che la temperatura media della colonna d'aria sottostante non superi i 2 C°
di media;
- con 0 C° sui 900 m è ancora possibile vedere la neve ma la temperatura
media della colonna d'aria sottostante dovrà essere inferiore a 1 C°;
- sarà solo pioggia o gelicidio negli altri casi, anche se la temperatura
al suolo è molto bassa;
è così possibile avere cadute di neve a temperature intorno a
+2 C° e pioggia con temperatura inferiore o addirittura negativa, in quest'ultimo
caso si avrà pioggia che si congela al suolo.
La distribuzione spaziale dell'evento nevoso è poi fortemente condizionata
dalla traiettoria del minimo barico in transito; bastano poche centinaia di
chilometri per creare effetti orografici diversi in termini di stau e "ombre
nivometriche"
L'orografia rende particolarmente difficile la previsione della neve sulla regione
padana: le catene montuose, ostacolano il moto delle diverse masse d'aria che
d'inverno interessano il bacino del Mediterraneo, ne modificano le caratteristiche
e ne attenuano o amplificano gli effetti in modo complesso e non facilmente
prevedibile.
L'arco alpino rappresenta una grossa incognita soprattutto quando le perturbazioni
provengono dai quadranti settentrionali; esso può costituire una barriera
invalicabile per le nubi, che sono costrette ad aggirare l'ostacolo ed allora
su gran parte della Valle Padana la perturbazione passa inosservata, oppure
si manifestano venti di caduta con forte rialzo termico e cielo sereno, se però
la perturbazione forma una depressione sottovento alle Alpi e l'aria fredda
affluisce sul Mediterraneo dalla valle del Rodano, il tempo peggiora rapidamente,
e se le condizioni termiche sono favorevoli, può nevicare intensamente
anche sulla Pianura Padana.
Gli afflussi di aria artica portano abbassamenti di temperatura improvvisi,
rapidi e difficilmente quantificabili, con nevicate anche nella primavera, quando
ormai le temperature sono così elevate da far ritenere il fenomeno improbabile,
quanto meno alle quote più basse.
Talvolta si prevedono nevicate da "cuscino freddo" al sopraggiungere
di perturbazioni atlantiche, ma basta che la i venti meridionali che le precedono,
distruggano troppo rapidamente lo strato freddo, per avere condizioni più
favorevoli alla pioggia che alla neve.
In determinate condizioni anche il caldo foehn alpino può creare condizioni
preparatorie per una nevicata infatti al cessare del vento l'aria secca si raffredda
rapidamente creando notevoli cuscini freddi .
Marco Pifferetti